Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

Intervista all’autore
Nico Pirozzi e la ricerca della memoria

Dopo aver pubblicato, lo scorso anno, il volume “Fantasmi del Cilento”, Nico Pirozzi torna ad occuparsi della Shoah in Campania. Il suo nuovo libro, “Napoli-Salonicco-Auschwitz. Cronaca di un viaggio senza ritorno” - edito da Cento Autori come il suo primo saggio - racconta le incredibili vicende che condussero centinaia di ebrei greci a salvarsi dai campi di sterminio, grazie soprattutto all’impegno di alcuni funzionari italiani che favorirono quella fuga dall’orrore

Qual è stato il percorso di ricerca che ti ha condotto a conoscere le vicende che racconti in questo volume?
Il punto di partenza (e spero in un giorno non lontano, anche di arrivo) è il mio lavoro sulla Shoah in Campania: un paradosso della storia che vorrei raccontare per intero, attraverso le immagini del documentario che, con la collaborazione del collega Giovanni Caruso, ho da tempo in mente di realizzare, e per il quale ho già raccolto varie ore di testimonianze. Come accaduto per i “Fantasmi del Cilento”, ho raccontato una piccola storia, esemplificativa di una tragedia che non ha risparmiato nessun luogo del Vecchio continente. Nemmeno la Campania che da Auschwitz e dai campi di sterminio della Polonia distava quasi duemila chilometri. Ma ho anche voluto raccontare dell’infamia delle leggi razziali. Di una città che non ha ancora avuto il coraggio di confrontarsi fino in fondo con il suo passato…

Nel tuo saggio sui “Fantasmi del Cilento” avevi portato alla luce l’impegno del vescovo Palatucci, i suoi sforzi per aiutare gli ebrei di Lenti a salvarsi dall’orrore nazista. Ora la storia di Guelfo Zamboni e degli altri “eroi” che riuscirono a dirottare su Atene centinaia di ebrei destinati alle camere a gas di Auschwitz. Quanto è importante, secondo te, che la gente venga a conoscere questi esempi di straordinaria umanità?
È importante perché è la storia di persone normali, che l’appellativo eroe se lo trovarono appiccicato addosso senza averlo mai cercato. Ciò che distinse dalla massa i vari Palatucci, Zamboni, Perlasca fu la coerenza e la grande umanità: il coraggio di allungare una mano a chi ne aveva bisogno, senza voltarsi dall’altra parte, come fece la stragrande maggioranza delle persone. È successo ieri, accade anche oggi. In fondo è la storia che si ripete, in contesti diversi e con attori diversi. La shoah, la memoria di sei milioni di ebrei massacrati per il solo fatto di essere ebrei, è una lezione che gli uomini non devono dimenticare. Mai. Il monito di Primo Levi è un lucido avvertimento, ancora oggi valido: È accaduto, può accadere di nuovo…

Sai che sulla storia del console Zamboni è in preparazione una pièce teatrale?
È un omaggio postumo a una persona coraggiosa. Ma, va detto, se a Salonicco molti ebrei ebbero salva la vita lo debbono allo straordinario lavoro posto in essere da più persone. Soprattutto militari, che incuranti dei rischi ebbero la faccia tosta di bussare anche ai cancelli del ghetto per chiedere la liberazione di un ebreo, accampando motivazioni assurde e spesso ridicole.

Dopo “Fantasmi del Cilento” e “Napoli-Salonicco-Auschwitz”, come proseguirà la tua indagine storica?
Sto raccogliendo materiale su un’altra storia, attraverso la quale spero di poter raccontare l’Italia dei delatori. Di chi per denaro non esitò a denunciare e condannare a morte decine di ebrei. Un altro tassello della Shoah in Campania…

 

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